QUELLO CHE NESSUNO DICE "MENTRE RIDIAMO DELLO SCIVOLONE DI RAOUL BOVA" | Avv. Giuseppe Di Palo
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Un turbine di accusatori, smentite e versioni contrastanti sta segnando la vicenda che coinvolge Raoul Bova e Martina Ceretti, la giovane modella con cui l’attore avrebbe intrecciato una relazione parallela mentre era ancora sentimentalmente legato a Rocío Muñoz Morales. Il caso è esploso pubblicamente quando Fabrizio Corona ha diffuso in rete e durante il suo podcast "Falsissimo" una chat e soprattutto un audio in cui Bova si rivolgeva in modo molto affettuoso alla Ceretti. La pubblicazione di questi contenuti ha subito sollevato polemiche e acceso i riflettori sulle modalità con cui sarebbero stati estrapolati, nonché sul reale consenso dei protagonisti alla loro divulgazione.
Le successive indagini hanno portato la Procura di Roma ad aprire un fascicolo per tentata estorsione ai danni di Raoul Bova, ravvisando come gli audio privati sarebbero stati non solo trafugati ma forse addirittura utilizzati come leva di ricatto.
Le versioni dei diretti interessati non coincidono: Martina Ceretti, ascoltata dagli inquirenti, ha dichiarato di aver condiviso i messaggi e le note vocali col suo amico Federico Monzino "in buona fede, senza secondi fini", mentre quest’ultimo, dopo aver confermato di essere stato il tramite tra Ceretti e Corona, sostiene che la modella fosse pienamente consapevole di quanto stava accadendo, motivando la scelta con il suo desiderio di visibilità.
Gli sviluppi rischiano di produrre conseguenze amministrative e penali di rilievo per alcuni degli attori in campo. Dal punto di vista penale, la condotta di chi ha diffuso pubblicamente materiale audio privato senza il consenso degli interessati – ad esempio Fabrizio Corona – configura la diffamazione aggravata e il trattamento illecito di dati personali. In casi come questo, la pubblicazione su internet comporta l’aggravante dell’uso di un mezzo di ampia diffusione, mentre la natura personale e sensibile della comunicazione rafforza la gravità della violazione. In base alle modalità di acquisizione dei file, sussiste anche il rischio di imputazione per violazione, sottrazione o soppressione di corrispondenza, e la contestazione di tentata estorsione per chi avesse minacciato la pubblicazione dei contenuti in cambio di un vantaggio economico o altro beneficio.
Per Martina Ceretti, che ha ammesso di aver partecipato consapevolmente alla condivisione, resta il rischio di essere considerata concorrente nei reati di diffamazione e trattamento illecito di dati, qualora l’azione venga giudicata volontaria e finalizzata alla diffusione dei contenuti. Anche sotto il profilo amministrativo, chi diffonde o semplicemente ripubblica audio privati – perfino senza “secondi fini” – può incorrere in sanzioni per illecito trattamento di dati personali, secondo quanto previsto dal Garante Privacy. Ciò coinvolge non solo chi per primo divulga, ma potenzialmente anche ogni utente che contribuisce alla viralità di tali contenuti.
La vicenda rivela però una realtà in cui — al di là delle responsabilità penali e delle eventuali sanzioni amministrative — la dimensione pubblica dell’umiliazione e della violenza psicologica inflitta prende la forma tipica del bullismo. In ogni riproduzione dell’audio, presumibilmente estorto, si rinnova un gesto offensivo e sopraffattorio, che travalica la cronaca nera per affermarsi come un atto di sopraffazione virale e collettiva: "Alcuni degli audio e dei meme che girano sono molto divertenti", commenta l'avvocato #GiuseppeDiPalo. "Poi però mentre li guardavo ho anche pensato che Raoul Bova tiene famiglia: come si possono sentire i parenti e i figli a vedere quelle cose? In questa storia si autorizza a ridere della violenza, perché Raoul Bova può aver sbagliato, ma quella è pur sempre la sua vita privata di cui deve rispondere lui stesso. Al di là di come lo conosciamo noi, si tratta chiaramente di bullismo".
Nel video l'intervento a Radio Radio Cafè.
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